Nuovi studi, effettuati in Australia, hanno rivelato che le qualità anticonvulsive della cannabis non possono essere ridotte al solo cannabidiolo (CBD), considerando le molte altre sostanze presenti nella pianta: alcune di esse potrebbe infatti essere anche più potenti del CBD.
Alcune ricerche, su campioni molto ridotti ed effettuate in Inghilterra, confermano questi risultati.
Sono stati osservati 10 bambini con forme intrattabili di epilessia che hanno assunto un medicinale contenente l’intera gamma di cannabidioli, terpeni e flavonoidi contenuti nella piante: la frequenza delle loro crisi è diminuita dell’86%. I controlli su effetto placebo (e altri metodi) non sono ancora disponibili ma i primi risultati mostrano un maggiore successo di questo medicinale rispetto ai soli estratti di CBD.
Tutti e 10 i partecipanti non avevano precedentemente risposto alle terapie a base di solo CBD.
Oggi, l’Epidyolex è l’unica forma di cannabis approvata dalla FDA americana per il trattamento di casi gravi di epilessia. Tuttavia, nei casi controllati con placebo, Epidyolex non sembra funzionare su almeno la metà dei bambini affetti dalla sindrome di Dravet, una forma rara di epilessia resistente ai farmaci.
Dove invece funziona, gli studi riportano un calo del 32% delle crisi: un risultato molto più basso di quello ottenuto utilizzando il preparato contenente tutti i principi della cannabis.
Sebbene sia necessario attendere studi con campioni più numerosi e in contesti più ampi e controllati, queste prime evidenze sono molto incoraggianti.
Che la cannabis possa aiutare a curare le convulsioni è stato documentato già da un medico irlandese, in India nel 1843. Da allora però, la pianta è stata coinvolta in una tempesta legale e politica che ha ritardato la ricerca per decenni.
Gli scienziati stanno cercando disperatamente di recuperare il ritardo, considerato che ora la cannabis inizia finalmente a entrare nel mercato dei farmaci e degli integratori.
La maggior parte di noi ha sentito parlare sia del CBD che del THC ( la parte psicoattiva della pianta di cannabis) ma questi due composti sono di solito gli unici considerati, quando si parla delle diverse varietà di cannabis. Ricerche recenti suggeriscono che CBD e THC non sono necessariamente ciò che conferisce alla pianta le sue qualità medicinali o i suoi diversi “feedback”.
La combinazione di diversi composti di cannabis, alcuni dei quali non ancora studiati, potrebbe essere molto più importante di ciascuno di essi preso singolarmente, nonostante ciò che affermano le operazioni di marketing del CBD.
I flavonoidi, ad esempio, sono sostanze naturali presenti nella cannabis che si ritiene conferiscano alcune proprietà antinfiammatorie e anti-cancerogene alle piante medicinali.
Altri studi dimostrano come, sempre i flavonoidi, siano 30 volte più efficaci nel ridurre il dolore e l’infiammazione rispetto all’aspirina.
I terpeni sono un’altra classe di composti della cannabis, comunemente trascurata. Recentemente, è stato scoperto che molti di questi composti conferiscono alla cannabis il suo odore pungente e che gli inglesi chiamano “Skunk” (Puzzola).La struttura di questi terpeni è simile a quella che si trova nell’aglio e si pensa che siano proprio questi composti a conferire alla pianta le note proprietà anti-cancerogene e benefiche per la salute cardiovascolare.
La cannabis è una pianta complessa, contenente oltre 400 entità chimiche; concentrarsi solo su due cannabinoidi fa perdere la visione generale.
I ricercatori in Australia stanno testando sistematicamente ogni composto della cannabis nella riduzione delle convulsioni su topi da laboratorio, con sindrome di Dravet. Quindi, proveranno la miscelazione e l’abbinamento di diversi tipi e quantità, per trovare la ricetta.
L’ideale sarebbe trovare un modo per curare l’epilessia con il minor numero possibile di effetti collaterali. Anche con Epidiolex gli effetti negativi come diarrea, vomito, affaticamento e anormale funzionalità epatica, rimangono un problema.
Questi effetti collaterali non sono invece stati riscontrati nel test inglesi sui 10 casi di bambini: tutti i genitori hanno inoltre riportato risultati cognitivi e comportamentali molto migliorati, che secondo gli autori sono probabilmente il risultato della minor frequenza delle crisi e dell’uso ridotto di altri farmaci antiepilettici.
Da questi buoni risultati è partita la richiesta al Servizio sanitario nazionale del Regno Unito di includere la cannabis medicinale a pianta intera, nelle sue linee guida di prescrizione per l’epilessia grave e resistente al trattamento.
Non resta che attendere la conferma di test randomizzati e controllati con placebo. Ciò potrebbe richiedere molto tempo, poiché le condizioni coinvolte sono rare, idiopatiche (senza apparente causa esterna) e si verificano prevalentemente nei bambini.
Nel frattempo, i genitori e i pazienti devono continuare a pagare, per le cure private, anche più di 2.000 euro al mese.
Lo studio è stato pubblicato su BMJ Pediatrics Open .
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