Nel giorno in cui in Italia la Corte Costituzionale ha bocciato la proposta di referendum sulla depenalizzazione della cannabis, rivolgiamo lo sguardo oltreoceano.
Negli Stati Uniti, la legge federale sulla legalizzazione della canapa sembra inevitabile ma, uno studio condotto dai ricercatori dell’ Ohio, pone dei preoccupanti accenti sui pericoli che questa scelta epocale può comportare.
All’Ohio State University Drug Enforcement and Policy Center, Shaleen Title, avvocato e attivista, spiega il rischio reale che l’intero settore può correre se non saranno tenuti in considerazioni gli aspetti legati ai grandi player del mercato: all’orizzonte appare l’incubo di un loro monopolio sulla cannabis, a discapito dei piccoli produttori locali.
Le grandi aziende di alcool e tabacco stanno già affilando le armi per aggredire un mercato i cui introiti fanno gola a molti. Title pone la questione non solo sull’esclusione dei coltivatori meno strutturati, ma soprattutto sulla scarsa qualità dei prodotti in monopolio e al grave danno che si arrecherebbe al guadagno statale in termini di equità sociale. La produzione di cannabis risulterebbe infatti una opportunità per le piccole comunità rurali che, dalla legalizzazione, trarrebbero una spinta di sviluppo di grande impatto.
Dopotutto la legalizzazione è soprattutto una questione di giustizia sociale per quelle realtà da sempre attive nella lotta alla droga.
Le proposte di legge federali però, non accennano a nessuna azione antitrust, consentendo la concentrazione economico industriale utile a controllare l’intero mercato interstatale della cannabis.
Tra le proposte che il gruppo di ricerca avanza come soluzioni, spicca la prima: permettere la produzione casalinga di cannabis.
Una scelta che permette ai consumatori di svincolarsi dai produttori industriali, costringendo questi ultimi ad aumentare la qualità e varietà dei loro raccolti per competere con quelli della canapa nostrana.
Lo studio propone inoltre di evitare qualsiasi integrazione verticale, impedendo che un solo operatore possa ottenere le licenze per tutte le fasi della filiera della canapa. Ciò non significa limitare il numero di licenze disponibili ma porre un limite alla quota di mercato che ogni singolo produttore, o gruppo economico, può raggiungere.
Vengono auspicati incentivi finanziari statali alle imprese svantaggiate e piccole, proprio per contrastare la formazione di cartelli o monopoli, incentivando le task force di controllo su quei soggetti con storie di attività fraudolente o predatorie, e sulle fusioni societarie che possono costituire un pericolo per la giustizia di questo mercato.
Lo studio termina con l’invito alle autorità legislative nel mantenere il divieto di commercio di cannabis tra Stati diversi, anche dopo la legalizzazione: ciò permetterà di creare dei validi programmi di sviluppo di equità sociale utili alle piccole aziende, che avranno così il tempo di strutturarsi per affrontare la concorrenza con le aziende di tutto il Paese.
Dall’Ohio arriva quindi l’invito a non porre fine al proibizionismo affidandolo agli squali dell’alta finanza ma, si insiste, sull’apertura graduale del mercato nazionale, promuovendo, nel contempo, uno sviluppo equo, in contrasto con le azioni di consolidamento e a favore di aziende che realizzano un mercato diversificato e competitivo.
“La più grande lezione che abbiamo imparato dalle Grandi Corporation del Tabacco e High Tech è che la concorrenza libera e aperta non è un problema che possiamo tranquillamente capire a posteriori“, afferma Title, “Le decisioni prese oggi avranno un impatto duraturo sul futuro, determinando se il mercato della cannabis è dominato da poche potenti aziende o aperto a tutti i tipi di imprenditori“.
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